I libri “scritti” nei Caffè letterari all’aroma di caffè
Il caffè ha da sempre occupato un ruolo di rilevante importanza in tutti i campi del sapere, non da ultimo nella letteratura: già nell’Illuminismo grazie ai Caffè letterari – che si trasformano in circoli informali di conversatori dove discutono di disparati argomenti – locali che uniscono la funzione del piacere (del caffè) a quella di divulgazione del sapere. E proprio a Milano, nel giugno del 1764 Pietro Verri fonda la rivista Il Caffè: il nome della testata è scelto per via del rilevante fenomeno della diffusione delle caffetterie come luoghi dove si parla di cultura. Una storia che continua e che vi riassumiamo…
Prendendo in esame esclusivamente la letteratura, un vero appassionato di caffè era lo scrittore austriaco Friedrich Torberg che nel 1929 compone l’Ode al caffè nero. «Caro, caldo, buon caffè nero – scrive Torberg – sia moca, turco, o serbo vero, o Dio sa cosa d’altro esser può, gentiluomo casalingo e no; quando ti vedo davanti a me, sei solo il buon fumante caffè. Devi saper, infatti, e tu lo sai (non così forse il lettore), senza te lavorar non potrei, la mente mia essendo già nei guai: assai peggior sarebbe se qui sulla scrivania non ci fosse un thermos pieno di buon caffè».
Libri da leggere al profumo di caffè
Libri e caffè vanno a braccetto da centinaia di anni e così abbiamo spulciato tra le storie che parlano di bistrot, caffè e aromi, pagine odorose, in cui il profumo del caffè fa “annusare” parole buone da leggere. Sono libri e autori magari non famosissimi, non da “alta classifica”, ma li abbiamo scelti perché sono riusciti a descrivere il caffè e le sue caratteristiche nel modo migliore. Partiamo con Zora Neale Hurston, scrittrice americana che fece parte del movimento dell’Harlem Renaissance. Nel suo romanzo Con gli occhi rivolti al cielo c’è un passaggio dove in poche righe mette a fuoco la valenza sociale e psicologica del caffè: «Janie scese di sotto e la padrona le fece bere del caffè con lei perché disse che suo marito era morto ed era una pessima cosa prendere il caffè del mattino da sola. Il caffè è chiaramente un rito di compagnia e che favorisce i processi di guarigione. Il caffè ha una natura camaleontica: oltre ad essere uno stimolante senza prescrizione, è anche un balsamo, una pomata. Incoraggia a socializzare e a dimenticare i dispiaceri. È un ponte tra la disperazione e la speranza».
Amori dentro la tazzina
Restando sempre negli Stati Uniti, anche Gary Shteyngart scrive di ciò che può fare una tazza di caffè. Ne Il manuale del debuttante russo si legge: «…divenne irrequieto, attribuendo questo fatto alla posa del caffè nel suo stomaco. Vladimir Girshkin […] intorpidito da una noia romantica, stanco degli eccessi di burocrazia e sessualmente imbarazzato dalle attività promiscue della sua fidanzata […] cerca uno stimolo, un’ispirazione! Vuole essere sveglio! Il caffè non lo rende irrequieto – lo rimette semplicemente in contatto con i suoi veri sentimenti. Quel caffè è un siero della verità! Il caffè alza il velo dell’auto-delusione!». Secondo lo scrittore cileno Roberto Bolaño il caffè è un chiaro segno di affetto. Ne parla ne I detective selvaggi: « 16 dicembre – Sono malato davvero. Rosario mi sta costringendo a restare a letto. Prima di andare al lavoro è uscita a farsi prestare un thermos da un vicino e mi ha lasciato mezzo litro di caffè. Insieme a quattro aspirine. Ho la febbre. Ho iniziato e finito due poesie. Il caffè come prova del nove. Il caffè come riferimento, come standard. Un segno di affetto che richiede un recipiente adeguato. Un’innamorata che vuole preservare il suo caldo regalo mentre è lontana».
Storie tra tavoli e bancone
Molti romanzi poi sono intitolati al caffè o ambientati in una caffetteria. La ballata del caffè triste e il titolo della storia scritta da Carson McCullers, dove racconta di una storia d’amore consumata all’interno di un caffè di Miss Amelia.
Gatti, merletti e chicchi di caffè è una favola moderna piena di allegria e d’immaginazione scritta dall’autrice indiana Anjali Banerjee dove i protagonisti sono Lily, vedova di 39 anni, un gatto randagio bianco e un magico chicco di caffè. È ambientato nella Parigi degli anni Sessanta il romanzo di Patric Modiano Nel caffè della gioventù, che è la caffetteria Condé nel Quartiere Latino dove si riuniscono giovani studenti, poeti maledetti, misteriosi avventori. Attraverso le immagini e il sapore del caffè, lo scrittore francese ricrea intorno alla figura affascinante e commovente del protagonista la Parigi della sua gioventù.
Il caffè delle donne è il titolo del romanzo d’esordio di Widad Tamimi, scrittrice figlia di un profugo palestinese fuggito dall’occupazione israeliana, con cui l’autrice si augura che la curiosità e il desiderio di pace permettano ai popoli di trovare vie di dialogo.
Conquistata con un caffè espresso
Passando agli autori di casa nostra, merita una citazione Diego Galdino: nel suo Il primo caffè del mattino racconta di Massimo, trentenne proprietario di un piccolo bar nel cuore di Roma. Ogni mattina, all’alba, attraversa le vie della città ancora addormentate, dove si sente il profumo del pane appena sfornato, e raggiunge il suo bar. Lì lo aspetta il primo caffè della giornata, quello dall’aroma più intenso, e dal sapore più buono. Proprio nel suo bar entrerà una ragazza dagli occhi verdi e l’aria sperduta di una turista straniera. E succederà qualcosa di molto importante, complice anche una tazza di espresso. Abbiamo iniziato citando i caffè letterari e in questa breve rassegna non potevamo non ricordare Paolo La Peruta, autore che da una quindicina d’anni gestisce un caffè letterario a Lecce. Ha da poco pubblicato Senza pace, il suo secondo giallo. Le sue storie sono ambientate proprio nel suo caffè (che si chiama semplicemente “Caffè letterario”) e hanno come protagonisti dei personaggi ispirati a chi nel caffè sta, perché ci lavora o perché lo frequenta da avventore. E chiudiamo con quella che è forse la frase più affettuosa scritta dedicata al caffè. È tratta da I tre cavalli di Erri De Luca, libro che narra di vite, speranze, rinascite e umanità: «A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco». Difficile sostenere il contrario.
(Tratto da mumac.it)